Itinerario Castel dell’ Ovo e Chiaia


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Via Santa Lucia

Iniziamo questo itinerario da una delle strade più celebri di Napoli via Santa Lucia, dove a poca distanza convivono i lussuosi alberghi già nell’ Ottocento meta di un turismo d’ elite, i palazzi del potere, con la sede della Regione, e la zona del pallonetto di S. Lucia, con i bassi dove sopravvive la Napoli più povera e popolare.

Chiesa di Santa Lucia a Mare
Santa Lucia a Mare

Il nome del rione deriva dalla chiesa che si trova all’ inizio della strada Santa Lucia a Mare, già esistente nel IX secolo e più volte restaurata.

Santa Maria della Catena
Santa Maria della Catena

Quasi al centro della strada, sul lato destro, troviamo la chiesa di S. Maria della Catena, fondata dai marinai e dagli abitanti della zona nel 1576, e dedicata alla Vergine della chiesa di S. Maria del Porto a Palermo. La chiesa è collocata in un ambiente diverso da quello originario poichè all’ inizio del ‘900 la realizzazione del lungomare, ha privato Santa Lucia del suo affaccio sul mare e del piccolo porto dei Provenzali noto sin dall’ epoca angioina. Alla fine della strada, sulla destra, si erge l’ alta parete rocciosa del colle di Pizzofalcone, l’ altura sulla quale sorse il nucleo più antico della città

Monte Echia
Monte Echia

È uno spuntone roccioso, interamente in tufo giallo, ubicato nella zona di Pizzofalcone, nel quartiere San Ferdinando di Napoli. Questo promontorio si staglia sul Golfo di Napoli fra il borgo di Santa Lucia ad est, la conca di Chiaia ad ovest e sovrasta l’isolotto di Megaride a sud. Su di esso i Cumani fondarono nel terzo quarto dell’VIII secolo a.C. Parthenope. Inglobato nel castrum lucullanum (villa di Lucullo che si estendeva fino all’isola di Megaride) in Età Imperiale, ospitò i famosi giardini luculliani, pieni di piante esotiche e rare specie avicole. L’antico nome del monte, Platamon (sopravvissuto nel toponimo della via che corre alla sua base, via Chiatamone), significa “rupe scavata da grotte”. All’interno di monte Echia si aprono infatti innumerevoli cavità, abitate sin dalla preistoria e fino all’età classica. Successivamente divennero sede di riti mitriaci, di cenobiti nel Medioevo e di orge nel XVI secolo. Queste ultime destarono enorme scandalo, spingendo il viceré Pedro de Toledo alla loro ostruzione.

Castel dell' Ovo
Castel dell’ Ovo

Usciamo da via Santa Lucia e proprio di fronte vediamo il Castel dell’ Ovo, il più antico dei castelli napoletani che sorge su un isolotto roccioso, l’ antica “Megaris” o “Castrum Lucullanum”, un tempo totalmente isolato sul mare. L’ origine della strana denominazione, per alcuni si riferisce alla leggenda virgiliana dell “Ovo incantato”, chiuso in una teca che avrebbe dovuto salvguardare l’ isolotto da tutte le calamità, per altri alla forma ovoidale dell’ isolotto. Nel VII secolo divenne “Insula Santi Salvatoris” per la presenza di un cenobbio brasiliano di cui sopravvive l’ antica chiesa. La prima testimonianza sul castello inteso come costruzione fortificata autonoma, risale al 1128; in questo periodo i duchi napoletani fortificarono gli edifici monastici. Con la dominazione dei Normanni, nel XII secolo fu abbandonato dai monaci ed ampliato e rinforzato con la costruzione della grande “Torre Normandia”. Federico II di Svevia vi custodì il regio tesoro. Un’ intenso periodo di lavori per l’ armamento ed il restauro del castello, si ebbe particolarmente tra il 1309 ed il 1335, durante il regno di Carlo II e di Roberto d’ Angiò. Un’ ordine emanato nel 1324, per l’ esecuzione di restauri da eseguire sul castello, elenca minuziosamente le parti principali che lo componevano: torri di Coileville nel lato nord, torre di mezzo ad ovest sul mare, torre maestra nei pressi della prigione, altra torre maestra addossata alla chiesa del Salvatore, torre Normandia a sud sul mare, sala Magna presso la torre di Mezzo, Palazzo Grande, Camera della Regina, chiesa di San Salvatore, chiesa di San Pietro. Solo la torre di mezzo e la Normandia sono identificate, le altre trasformate da successive fortificazioni, sono scomparse, forse anche per la sua posizione esposta alla furia del mare. Significatipilastri di piperno e la “sala discoverta” recentemente restaurata. All’ interno del castello è sistemato il museo di Etnopreistoria. che raccoglie reperti di industrie umane provenienti da diverse aree del mondo esposti secondo un iter cronologico che va da 700.000 a 3.000 anni fa.

Borgo Marinaro
Borgo Marinaro

Intorno al castello si apre il pittoresco Borgo Marinaro, edificato alla fine del XIX secolo per i pescatori ed i marinai di Santa Lucia, oggi molto frequentato dai turisti. A questo punto ci incamminiamo sul lungomare che si snoda da Santa Lucia a Mergellina, è una tappa irrinunciabile del soggiorno a Napoli: il panorama della città e del golfo che si gode da quì è straordinario. La prima parte del lungomare, che coincide con le vie Nazario Sauro e Partenope, nacque nell’ Ottocento, quando venne realizzata la colmata del mare che in precedenza lambiva via Santa Lucia e via Chiatamone.

Fontana del Gigante
Fontana del Gigante

E’ una delle fontane monumentali di Napoli di inizio XVII secolo; è locata nel centro storico in via Partenope, a poca distanza dal castel dell’Ovo. La fontana monumentale è articolata mediante tre archi a tutto sesto, sopra i quali sono collocati i grandi stemmi che simboleggiano la città, i viceré di Napoli ed anche il re di quel periodo storico. Nell’arco centrale vi è la tazza che è sorretta da due animali marini, mentre, le statue nei restanti due archi laterali, rappresentano divinità fluviali che stringono tra le mani due mostri del mare. Le due statue (le cariatidi) sono poste all’estremità degli ultimi archi: esse sono intente nel reggere cornucopie. La fontana è opera di Pietro Bernini e di Michelangelo Naccherino, che la realizzarono su commissione del duca d’Alba don Antonio Alvarez di Toledo. La sua prima collocazione è stata in largo di Palazzo (l’attuale piazza Plebiscito), nel punto dove oggi principia la salita del Gigante, odierna via Cesario Console. A pochissimi passi dalla fontana sorgeva la statua colossale del Gigante, assemblata nel 1670 dopo che fu ritrovato a Pozzuoli un busto raffigurante Giove, a cui furono aggiunte le altre parti. La statua fu rimossa nel 1807. La fontana rimossa nel 1815 dal luogo originario in occasione di lavori di sistemazione della salita del Gigante. Rimasta per molto tempo senza collocazione, fu posta nel 1882 vicino al palazzo dell’Immacolatella al molo piccolo, ragione per cui la fontana è anche detta dell’Immacolatella. Questa locazione durò poco tempo perché vi fu rimossa nel 1886 per eseguire i lavori di ampliamento del porto e fu collocata nel 1889 all’interno della villa del Popolo, ma questa scelta fu considerata da molti infelice. Infine nel 1905, complice il forte declino della villa del Popolo, ormai circondata dall’area portuale, fu deliberato il suo nuovo spostamento, che avvenne nel 1906. Il suo nuovo luogo fu lo slargo terminale di via Partenope, nel punto dove principia via Nazario Sauro, ottenuto grazie alla colmata su via Santa Lucia.Già nel 1904 un lettore della rivista Napoli nobilissima aveva denunciato con una lettera indirizzata al periodico lo stato di degrado della fontana e aveva proposto di collocarla presso il rione Bellezza (cioè il nuovo borgo Santa Lucia) che a quel tempo si stava per realizzare.

Colonna Romana
Colonna Romana

Sul lungomare è anche possibile vedere la colonna proveniente da un edificio di via Anticaglia e dedicata ai caduti in mare.

Palazzo Calabritto
Palazzo Calabritto

Poco più avanti svoltiamo a destra attraversando la strada fino al fondo, prendiamo via Calabritto dove l’ imponente facciata dell’ omonimo palazzo, opera di Luigi e Carlo Vanvitelli, domina la piazza dal lato del mare.

Piazza dei Martiri
Piazza dei Martiri

Siamo nel cuore del centro commerciale della Napoli “chic” in piazza dei Martiri, dove al centro si erge il monumento ai martiri napoletani realizzato su disegno di Enrico Alvino (1866-68), con i quattro leoni alla base che simboleggiano le rivolte antiborboniche del 1799, 1820, 1848, 1860. Lungo le vie che si dipartono dalla piazza i palazzi storici si alternano ai negozi ed ai ritrovi eleganti.

Palazzo Portanna
Palazzo Portanna

Lungo le vie che si dipartono dalla piazza i palazzi storici si alternano ai negozi ed ai ritrovi eleganti. Il palazzo Portanna (n.58), edificato nel ‘700 dall’ architetto Mario Gioffredo, fu ricostruito da Niccolini per Lucia Migliaccio, moglie morganatica di Ferdinando I.

Scala Palazzo Mannajuolo
Scala Palazzo Mannajuolo

Fra gli edifici in stile neorinascimentale e liberty che fiancheggiano via Filangieri e via dei Mille, molto interessante, per la bella scala interna, è palazzo Mannajuolo (via Filangieri n. 36). Nelle vicine via Poerio e via San Pasquale si trovano la chiesa luterana e quella anglicana, fondate nel 1861-62.

Villa Comunale
Villa Comunale

Riscendiamo verso il mare e di fronte a noi troviamo la Villa Comunale, realizzata da Carlo Vanvitelli e dal giardiniere Abate, per volere di Ferdinando di Borbone. La Villa Reale inaugurata nel 1781, fu ampliata nel secolo dopo. Fra i pini, le araucarie, le palme e gli eucalipti del parco si incontrano sculture dell’ 800 e del primo ‘900 e fontane, fra cui quella delle “Paparelle”, posta quì nel 1825 in sostituzione del gruppo scultoreo del Toro Farnese trasferito nel Museo Archeologico. La villa Comunale è stata oggetto di un recente restauro che ha interessato i viali, le sculture, le fontane, l’ illuminazione ed il patrimonio arboreo. Una nuova cancellata e gli attuali chalet sono stati realizzati su progetto di Alessandro Mendini.

Stazione zoologica Anton Dohrn
Stazione zoologica Anton Dohrn

All’ interno del parco si trovano anche la Cassa Armonica, struttura in ferro e vetro disegnata da Enrico Alvino nel 1877 e l’ edificio neoclassico in cui ha sede la stazione zoologica Anton Dohrn. L’ istituzione gestita dal Centro Nazionale delle Ricerche è una delle più antiche ed illustri del mondo. Fu fondata nel 1872-74 dal tedesco Anton Dohrn per lo studio dell’ ambiente sottomarino. L’ edificio progettato da Adolf Von Hildebrand, è stato ampliato e rimaneggiato nel 1888, nel 1904, e nel 1957. Ospita laboratori di ricerca, una piccola mostra di scienze naturali marine e il più antico acquario d’ Europa, dedicato alle specie del golfo di Napoli. Gli affreschi di soggetto marino e rurale, che Hans von Marées dipinse nella sala di lettura della biblioteca nel 1873 testimoniano l’ attenzione della cultura nordica per il paesaggio mediterraneo.

Villa Pignatelli
Villa Pignatelli

Al civico 200 di via Riviera di Chiaia possiamo vedere Villa Pignatelli, costruita nel 1826 dall’ architetto Pietro Valente per la famiglia inglese degli Acton. I Rothschild divennero i nuovi proprietari due decenni dopo. Nel 1955 Rosina Pignatelli donò allo Stato la residenza che il suo avo principe Diego aveva acquistato dai Rothschild, e che da lui prese la denominazione attuale. Gli ambienti più belli della villa sono la sala rossa in stile Luigi XVI, il fumoir rivestito in cuoio e la sala da ballo, con grandi specchiere e lampadari. Nelle sale del primo piano vi sono dipinti e sculture di ambito napoletano realizzati nel ‘600, ‘700 e ‘800 e appartenenti alla collezione del Banco di Napoli. Nel Parco c’è il museo delle Carrozze, con una raccolta di esemplari italiani e francesi. Villa Pignatelli dispone inoltre di spazi per esposizioni, concerti e iniziative culturali.

Palazzo Caravita di Sirignano
Palazzo Caravita di Sirignano

Proseguiamo il nostro cammino per via Riviera di Chiaia dove possiamo incontrare bellissimi edifici come palazzo Sirignano, l’ edificio che sul fronte della riviera di Chiaia appare con le due torri laterali, ha nelle lunette al di sopra dei balconi bassorilievi con decorazioni in stucco con elementi floreali. Completato ed abbellito nel 1675 divenne per un periodo residenza del vicerè d’ Astorga e poi passò in proprietà ai Mendoza. Dopo vari cambi di proprietà, nel 1884 fu acquistato dal principe Giuseppe Caravita di Sirignano che lo fece ristrutturare da Ettore Vitali il quale aggiunse le due torri, ampliando poi con altre costruzioni tutta la zona che prese il toponimo di rione Sirignano. Tra quanti abitarono l’ edificio ci furono Placido de Sangro ed in una fase successiva il duca Nicola Riaro Sforza. Divenne poi proprietà della Società Tirrenia Navigazioni che tuttora lo possiede.

Santa Maria in Portico
Santa Maria in Portico

Prossima tappa è la chiesa di Santa Maria in Portico, raggiungibile risalendo l’ omonima via posta subito dopo palazzo Sirignano. Fatta erigere dalla duchessa di Gravina Felice Maria Orsini la quale donò, a tale scopo, nel 1632 ai Padri Lucchesi della Madre di Dio alcune delle sue proprietà. La denominazione ricorda la chiesa romana di Santa Maria in Campitelli al Portico d’ Ottavia dalla quale provenivano i padri. La facciata policroma in piperno è opera di Arcangelo Guglielminelli. L’ interno è ornato di pregevoli tele del XVIII secolo e stucchi di Antonio Vaccaro, che progettò anche l’ altare. In sacrestia è esposto un presepe con interessanti pezzi seicenteschi. Se percorriamo via Piscicelli, possiamo ammirare la chiesa dell’ Ascensione a Chiaia, di origine trecentesca, ma interamente ricostruita da Cosimo Fanzago nella prima metà del ‘600. All’ interno sono conservati pregevoli dipinti di Luca Giordano.

Santa Maria di Piedigrotta
Santa Maria di Piedigrotta

Torniamo di nuovo in via Riviera di Chiaia, la percorriamo tutta fino a raggiungere la chiesa di Santa Maria di Piedigrotta. Secondo la tradizione la sua costruzione risale al 1353 al posto di un edificio sacro esistente già dal 1207. Infatti Giovanni Boccaccio, in una lettera scritta in dialetto napoletano nel 1339 parla della “Madonna de Pederotta”. La chiesa fu poi rifatta a metà del ‘400 ed ancora all’ inizio del ‘500. Nel secolo successivo fu mutato l’ orientamento dell’ edificio, che anticamente aveva l’ ingresso rivolto verso la “Grotta”. L’ aspetto attuale della facciata è frutto del restauro ottocentesco di Enrico Alvino. La volta fu decorata da Gaetano Gigante. All’ interno c’è una tavola del ‘400 di un ignoto pittore napoletano: la deposizione di Cristo. La grande popolarità della chiesa è legata al culto mariano che vi si celebra e che culmina nella festa del 7 settembre, cui nei secoli scorsi partecipava in corteo la stessa famiglia reale. La veneratissima immagine della Vergine, che domina la chiesa da un alto tabernacolo, è una bella Madonna con Bambino, scultura lignea di scuola senese del Trecento. I devoti della Sacra immagine non hanno apprezzato il restauro operato nel 1976 dalla Soprintendenza, che ha riportato la statua lignea al suo aspetto originario privandola del grande manto azzurro e dell’ aureola luminosa.

Borgo di Mergellina
Borgo di Mergellina

Proseguiamo il nostro cammino scendendo verso il mare per ammirare il borgo di Mergellina. Un tempo borgo di pescatori che sorgeva nell’ insenatura ai piedi della collina di Posillipo, celebrato da poeti e scrittori per la sua bellezza fu, sin dall’ epoca angioina, meta di gite di piacere. L’ armonia del paesaggio fu turbata nell’ 800 dalla colmata del mare che provocò l’ avanzamento della linea di costa; tuttavia Mergellina è ancora oggi un luogo adatto a piacevoli passeggiate, dove nei numerosi chalet si possono gustare ottimi gelati e macedonie di frutta. Dai moli del porto turistico partono aliscafi per le isole e le altre località del golfo.

Santa Maria del Parto
Santa Maria del Parto

Penultima tappa di questo itinerario è la chiesa di Santa Maria del Parto. La storia di questa chiesa è legata alla figura di Jacopo Sannazzaro (1458-1530), il celebre poeta umanista napoletano attivo alla corte aragonese. La chiesa costruita intorno al 1530 per iniziativa del Sannazzaro su un terreno avuto in dono da Federico d’ Aragona, prese il nome di una delle sue opere, De Partu Virginis. Nella chiesa alle spalle dell’ altare maggiore si trova la tomba del poeta, pregevole gruppo marmoreo scolpito da Giovan Angelo Montorsoli e Francesco del Tadda (1537), probabilmente ideato dallo stesso Sannazzaro. Prima di uscire, guardate il “diavolo di Mergellina” raffigurato in un dipinto su tavola di Leonardo da Pistoia, posto sul primo altare a destra: San Michele calpesta il demonio che ha assunto le sembianze di una bellissima donna.

Fontana del Sebeto
Fontana del Sebeto

Usciti dalla chiesa di Santa Maria del parto, attraversiamo via Mergellina e di fronte a noi guardando verso destra possiamo scorgere la Fontana del Sebeto, situata in Largo Sermoneta. Fu costruita nel 1635 per volere del viceré Emanuele Zunica e Fonseca, su progetto di Cosimo Fanzago; l’esecuzione dei lavori fu invece affidata al figlio Carlo Fanzago. La sua originaria collocazione era alla fine della strada Gusmana, detta in seguito salita del Gigante (oggi via Cesario Console), addossata ad un muraglione che affacciava sul sottostante arsenale e posizionata in modo tale da essere di fronte a via Santa Lucia. Nell’anno 1900 la fontana fu smontata e solo nel 1939 fu ricomposta nell’attuale collocazione, dopo che negli anni trenta fu realizzata la colmata del tratto finale di via Caracciolo. La base della fontana è tutta in piperno; la parte superiore è composta da tre vasche in marmo, di cui la centrale è quella più grande ed aggettante. Su di questa si ergono due mostri marini dalle cui bocche sgorga l’acqua. La scultura di rilievo è situata al centro ed è rappresentata da un vecchio, simboleggiante il fiume Sebeto, l’antico corso d’acqua che scorreva nel cuore della città. I due tritoni ai lati della fontana hanno sulle proprie spalle delle buccine che gettano l’acqua nelle vasche laterali. A completare la fontana vi è una lapide, sormontata dai tre stemmi del viceré, del Re di Spagna e della città di Napoli.

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